Assistere in queste ore al salvataggio dei minatori cileni, inevitabilmente fa ricordare la recente esperienza che con i compagni di viaggio di Desert Teherapy abbiamo vissuto in Bolivia, quando siamo scesi nelle miniere di Potosì ed abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le terribili condizioni di vita di uomini giovani, sorretti dalla speranza di scoprire la vena di minerali che cambierà le loro esistenze. Foglie di coca e alcool a 96 gradi li aiutano a sopportare la terribile fatica di lavorare per otto ore al giorno tra polvere e buio, con il pericolo costante di crolli improvvisi.
Personalmente non ho mai dubitato che i minatori cileni ce l'avrebbero fatta a sopravvivere: dopo aver conosciuto la realtà di uomini che lavorano in simili condizioni, salvo imprevisti, la salvezza sarebbe stata solo una questione di tempi. Da sempre abituati ad una vita di tenebre e di attesa, hanno dalla loro la forza fisica e mentale per reggere una prova che per altri esseri umani sembra impossibile. Il labirinto di cunicoli, le voragini, l'umidità ed il buio che per noi sono stati un'esperienza quasi angosciante, per loro sono luogo di lavoro quotidiano nel quale spendono gran parte delle loro brevi, terribili esistenze nella speranza di una vita migliore.
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